venerdì 24 febbraio 2012

IL KARATE CORRETTO, SECONDO ME...........


Nel proliferare di federazioni, competizioni, regolamenti e sedicenti maestri, diventa molto complicato stabilire qual è la forma corretta di pratica. D’altra parte l’aggettivo corretto si presta ad un’ interpretazione soggettiva e non oggettiva, la verità è che il giusto modo di addestrarsi è quello che risponde alle nostre esigenze, in passato forse un’ eccessiva mistificazione delle arti marziali ha portato ad avere nell’immaginario collettivo una visione distorta del karate e di conseguenza dei suoi praticanti. E’ vero anche che bisogna porre dei limiti a questa soggettività, ognuno è libero di decidere il proprio modo di allenarsi e di stabilire i propri obiettivi ma non bisogna snaturalizzare l’ essenza di questa bellissima arte. Praticando karate non si diventa super uomini, ma sicuramente si diventa uomini migliori, non perché si è capaci di avere la meglio in qualche baruffa , ma perché attraverso i principi e gli insegnamenti del karate do si riesce ad affrontare la vita quotidiana con tutte le implicazioni connesse, in modo più consapevole e di conseguenza con una visione di essa più palese e risoluta. Il fine ultimo delle arti marziali è quello di prevalere su se stessi e sulle proprie paure usando l’ “avversario” come mezzo, trasformando i punti deboli in punti di forza, questa è secondo me la visione giusta e di conseguenza si dovrebbe cercare di raggiungere tali obiettivi. A mio avviso le competizioni devono essere un momento utile, di confronto, una delle tante forme per arrivare alla consapevolezza del proprio potenziale, ma la vera crescita è quella che si ha nel proprio dojo, nei raduni, da soli, cercando di affinare la tecnica e soprattutto arrivando ad essere padroni di tutti quegli aspetti del Budo che ruotano attorno alla nostra vita marziale e che spesso sono accettati ed eseguiti come automi dai karateka che non hanno piena consapevolezza di quello che stanno facendo. Per fare il salto di qualità la comprensione rappresenta la chiave di volta indispensabile, si deve scrutare nel profondo la propria arte, si deve riflettere sugli interrogativi che la pratica ci riserva senza però arrivare a delle conclusioni troppo trascendentali, è importante capire attraverso uno studio complementare perché i maestri del passato hanno voluto sviluppare in questo modo il sistema che noi tutti stiamo studiando . Prendiamo ad esempio i kata heian ( Pinan), i kata che vengono insegnati da subito ai gradi meno avanzati, essi contrariamente a quanto si potrebbe pensare sono nati dalla suddivisione di un kata superiore che esisteva già da prima, kanku dai (kushanku nella sua denominazione originaria), realizzata dal M° Itosu. Questo forse non interessa a molti, ma dovrebbe interessare chi vuole davvero entrare nell’ essenza dell’ arte perché serve per capire la formazione del metodo. Ci sono come questo, diverse testimonianze, ma voglio lasciare alla vostra immaginazione e alla vostra “brama” di conoscenza la ricerca di elementi simili. Sarebbe opportuno usare il passato come ponte per il nuovo ( come dice un noto autore di best sellers sulle arti marziali) e perché no, modificare anche qualcosa se ci rendiamo conto che tale modifica si presenta più confacente alle nostre esigenze senza dover essere considerati dei blasfemi. Se ci pensate bene noi tutti abbiamo una grande considerazione dei maestri del passato che hanno avuto il merito di innovare ed evolvere le loro conoscenze, spesso però si condanna chi si distacca o mette in discussione alcuni “concetti” definiti tradizionali , mi sembra alquanto paradossale. Per me l’aggettivo tradizionale non significa ripetere inconfutabilmente ciò che ci è stato tramandato, ma continuare a ricercare sulla base degli insegnamenti ricevuti cercando di migliorare sempre di più il contenuto della nostra arte marziale . Dovrebbe essere questo il giusto approccio nell’ insegnamento e di conseguenza la tecnica corretta, un karate rivolto alla crescita interiore del proprio io, alla difesa personale e agli aspetti fondamentali del budo, alla conoscenza storica e alla consapevolezza di quello che si fa, e perché no, anche alle competizioni soprattutto per i più giovani, ma con la certezza che queste investano solo una parte e rappresentino solo qualche tassello dell’immenso oceano che è il puzzle del karate do. Finora la scuola del M° Shirai è l’ unica che riesce a ricomprendere per me tutti questi elementi e quindi ritornando all’ inizio del discorso rappresenta il karate corretto perché risponde alle mie esigenze, ma questa è solo l’opinione di un umile praticante…….OSU!!